martedì 17 febbraio 2015

Un anno senza blog? Mai più!

E' strano riscrivere sul proprio blog dopo un anno ma è proprio quello che mi sto accingendo a fare proprio adesso! Gli avvenimenti della vita spesso ci spiazzano e le certezze che abbiamo vanno al vento e non tornano più. Ho iniziato questo blog in un momento di spensieratezza, l'hobby delle giornate libere e dei pomeriggi morti. Quando il pensiero dal superfluo si concentra sull'essenziale ciò che c'era prima svanisce e fa fatica a tornare. Solo adesso comprendo come il superfluo stia all'essenziale come un bel respiro profondo sta alla marcia serrata per le vie della vita.
Per questo ho intenzione di riprendere a scrivere il mio blog! Questo blog! Perchè la cucina è la mia passione e la cucina giapponese è la mia elezione.
Sono sicuro che non riuscirò a scrivere un post al giorno e forse neanche un post a settimana ma devo continuare questo blog costi quel che costi!!!
行きましょうIKIMASHOU!!!!! (Andiamo!!!!!) ^_^

giovedì 13 febbraio 2014

Recensione del film: The Ramen Girl

Screenshot tratto dal film. Copyright: Media 8 Entertainment, Digital Site Corporation.

Trama.
La giovane studentessa americana Abby (Britanny Murphy), abbandonata dal suo fidanzato Ethan, si ritrova sola e demotivata a Tokyo. Scontenta del proprio lavoro in uno studio legale giapponese, trova sotto casa in un Ramenya (un ristorante di spaghetti in brodo) un motivo per rimanere a Tokyo: imparare a fare i Ramen così da poter dare gioia ed emozione alle persone come ne ha provata lei assaporando gli spaghetti in brodo del cuoco Maezumi (Toshiyuki Nishida) proprietario insieme alla moglie del ristorantino. Comincia, allora, una lunga opera di convincimento nei confronti del burbero chef  per farsi insegnare l’antica arte del Ramen. Abby insegue così il suo nuovo obiettivo, scoprendo più di quanto non possa immaginare, compreso un nuovo amore.

Carinissimo film americano che entra nella cultura nipponica attraverso la sua cucina come molti altri hanno fatto attraverso le arti marziali (es. Karate Kid). Il Ramen assurge a simbolo della cultura che lo ha perfezionato negli anni con dedizione e disciplina ma soprattutto con l'amore. Questo ci vuole dire il regista Robert Allam Ackermann con questa simpatica pellicola.
C'è molto della cultura giapponese e della sua cucina in questo film. Primo fra tutti il rispetto: per le persone, per gli oggetti, per il cibo. In questo mondo sempre più veloce ci stiamo dimenticando che per le cose buone e vere ci vuole tempo e passione oltre a una buona dose di caparbietà. Tutto questo cerca di insegnare lo chef Maezumi ad Abby che invece vorrebbe fare tutto subito da buona americana. In fondo dare a qualcuno del cibo buono non significa solo farlo stare bene ma fargli implicitamente una promessa di un felice compimento del suo essere: ti nutro perchè tu possa continuare a essere, grazie anche a me, una persona più felice. Consumiamo così tante volte un pasto da dimenticarci tutto questo. La frase  いただきます itadakimasu detta dal giapponese prima di mangiare significa letteralmente "io (cortesemente) ricevo". Come a dire: ricevo questo cibo perchè qualcuno lo ha coltivato, o un animale si è sacrificato affinchè io lo ricevessi e qualcuno lo ha cotto per me con amore.
Abby non parla giapponese ma vuole trasmettere emozioni e il Ramen è il veicolo per farlo. Anche Maezumi non parla inglese. L'unica lingua per capirsi è proprio l'emozione che scaturisce dai due protagonisti e dal Ramen che li unisce.
Un film davvero godibile anche se non un capolavoro ma che saprà far capire qualcosa in più a chi non conosce questa fantastica cultura e un piccolo tuffo al cuore per chi invece è già stato in quei luoghi e in quelle locande tradizionali ha assaporato il vero Ramen!

Non voglio fare spoiler e quindi lascio a voi ulteriori commenti.


Sulla difficoltà nel reperire ingredienti giapponesi - Parte seconda

Come vi avevo accennato nella prima parte sto iniziando a coltivare da me piante giapponesi di difficile reperibilità in Italia. Per il momento ho piantato lo shiso verde che ha già germinato in due vasi per avere due raccolti scalati nel tempo.
Ho poi acquistato su ebay diversi semi:

  • Mizuna: detta anche senape giapponese assomiglia vagamente alla rucola come sapore (ma un po' meno piccante). Le foglie sono molto belle e decorative e si presato ad essere mangiate cotte e crude (ad esempio a guarnizione di un piatto di pasta e salmone affumicato) ma naturalmente il loro maggiore utilizzo è in insalata. Anche in salamoia sono eccezionali ed è proprio in questo utilizzo che voglio provarla  appena sarà cresciuta.
  • Mitsuba: detto anche prezzemolo giapponese assomiglia come sapore a un misto tra angelica e sedano. Viene usato in tantissimi piatti giapponesi come guarnizione e come elemento principale nelle insalate. Il suo sapore è fantastico accostato alle uova. Il primo piatto che voglio provare è proprio una frittata alla mitsuba (Mitsuba Tamagoyaki).
  • Aglio cinese: chiamato in giapponese Nira è l'elemento essenziale per fare i classici gyoza cioè i ravioli di carne giapponesi alla piastra tipici delle locande più tradizionali del giappone.
  • Mibuna: molto simile alla mizuna ma essendo una verdura da taglio si potranno avere più raccolti con la stessa semina.
  • Crisantemo Shungiku: è un tipo di crisantemo commestibile. In Giappone il crisantemo non c'entra nulla con i "morti" come da noi anzi è uno dei fiori più venerati basti pensare che è il simbolo della casa imperiale. Si usa nei nabemono come il sukiyaki o lo shabu-shabu.
  • Zucca Uchiki Kuri: si dice che sia la zucca più buona del mondo! E' di un arancione vivo e arriva a pesare massimo due kili rimanendo tonda. E' dolcissima e i giapponesi la mangiano caramellata o stufata ma per me il massimo è una calda tempura croccante di zucca: fantastica! ^_^
  • Gobo: questa è la mia sfida più grande! Si tratta di una radice che qui in italia viene chiamata bardana e arriva alla lunghezza di un metro e mezzo. Avendo io un terrazzo e non un giardino potete capire la difficoltà. Io ci provo lo stesso e vediamo che succede. Il gobo si mangia soprattutto cotto "kinpira" cioè scottato per pochi minuti in padella con poco olio e poi stufato con salsa di soia e mirin: una delizia!
Direi che ne ho di cose da fare e come se non bastasse ho anche acquistato dei semi di peperoncino habanero niente male.
Aspetto solo che qui a Roma smetta di piovere! Questa città ha bisogno di un orto giapponese in terrazzo (e soprattutto io!) ^_^

Stay tuned! ご期待!!!!


mercoledì 5 febbraio 2014

Sul menù di un pasto classico giapponese

Noi italiani siamo abituati fin da piccoli a uno schema mentale prettamente italico in cui il menù standard che si dipana in aperitivo, antipasto, primo, secondo e contorno, dolce e frutta. Naturalmente si può omettere uno o più piatti ma lo schema base rappresentato da primo e secondo (cioè carboidrati seguiti da proteine) fa parte di noi così tanto che tutto ciò che vi si discosta è considerato strano, esotico, altro. Così tanto che anche i libri di ricette seguono questo schema.
Anche in giappone esiste un menù prestabilito, forse ancora più rigido di quello italiano ma invece di porre l'accento su cosa è il come dove viene posto l'accento. Sono le modalità di preparazione e di cottura, la varietà di colori e consistenze che creano il menù giapponese. Anche perchè, come in gran parte dell'oriente, vige la regola di avere tutto il pasto già pronto in tavola e non il susseguirsi di un "primo" piatto e di un "secondo" piatto ma tutto insieme il più possibile tanto che alcuni cibi vengono addirittura cotti a tavola (come ad esempio il sukiyaki o lo shabu shabu).
Un menù tradizionale quindi comprende generalmente:

  • antipastini (zensai)
  • una minestra trasparente
  • sashimi (solitamente una sola varietà di pesce o crostaceo)
  • pesce o carne cotti in varie maniere (alla griglia, al forno, fritti, al vapore, etc.)
  • una verdura in piccole quantità (solitamente in salamoia o sott'aceto)
  • una ciotola di riso (spesso bianco)
  • una minestra al miso
Le quantità naturalmente sono inferiori alle nostre porzioni, si preferisce non solo la qualità alla quantità ma anche la varietà alla quantità di un singolo piatto. Non c'è un ordine nel mangiare ma si può assaggiare un piatto senza aver finito quello di prima. Anzi a dirla tutta è buona norma prima assaggiare tutti i piatti prima di finirne uno specifico (in pratica il contrario di quello che faremmo noi italiani ^_^!).
Io noto una somiglianza però nell'uso che si fa degli antipasti in regioni come il piemonte o le marche in cui ci sono tanti piccoli assaggini tanto che alla fine ci si potrebbe fermare e chiudere il pasto senza passare al primo vista la quantità e soprattutto la varietà degli antipasti assaggiati.
Un menù di tutti i giorni comprende invece cinque o semplicemente tre portate.
Ho intenzione di fare qualche post a breve in cui illustrerò in seguenza tre piatti per formare un menù completo il più facile e veloce così da provare a casa per lo stupore di amici e parenti! ^_^
STAY TUNED!!!! ご期待!!!!


martedì 28 gennaio 2014

Stufato giapponese di pollo con radici e crema di funghi (italian edition)

Oggi visto che partecipo per la prima volta al MT Challenge (per chi non sapesse di cosa si tratta ecco qui il link) e la sfida verte sullo "spezzatino" ho deciso di riadattare una ricetta casalinga giapponese in versione italiana. La ricetta classica infatti prevede l'uso di ingredienti difficili da trovare (se avete letto l'ultimo post sepete di cosa sto parlando ^_^ ) come il daikon, il taro, la radice di loto, i funghi shimeji e shitake.
L'idea è quella di usare ingredienti del sottoterra, i fittoni, le radici. Ho voluto quindi usare la stessa idea ma con ingredienti dalla facile reperibilità.

Ecco quindi gli ingredienti:

  • 250gr di coscie di pollo disossate (o petto) con la pelle intatta
  • 1 cipolla grande e una di media grandezza
  • 150 gr di carota (dalla più grande che avete a disposizione)
  • 50gr di sedano
  • 200gr di patate
  • 4 ravanelli grandi
  • 400 grammi di funghi (almeno 2 tipi. Io ho usato champignon e pleurotus chiamati in giapponese funghi ostrica)
  • mezzo spicchio d'aglio
  • 10 grammi di farina 00
  • 200ml di latte
  • una foglia di alloro
  • mezzo bicchiere di vino bianco
  • qualche foglia di prezzemolo
  • Olio
  • sale e pepe
Veniamo quindi alla foto ricetta:

  1. Prendete il pollo (io ho acquistato per l'occasione un pollo semi-ruspante in una delle poche aziende avicole rimaste all'interno del GRA di Roma in zona Torrevecchia) e lo tagliate in sei parti non troppo piccole. Salate e pepate da entrambi i lati e mettete da parte.
  2. Prendete sedano, carota, la cipolla grande, i ravanelli, le patate e tagliateli in pezzi non troppo piccoli come da foto.
  3. In una casseroula o pentola abbastanza capiente mettete a caldare due cucchiai d'olio e dopo avere leggermente infarinato i pezzi di pollo fateli cuocere a fuoco alto per pochi minuti da tutti i lati in modo da chiudere i pori della carne e trattenere al suo interno i succhi.
  4. Togliete la carne e riponetela in un recipiente. Scolate l'olio usato, aggiungete altro olio e a fuoco vivace cuocete le verdure per un paio di minuti continuando a mescolare. Mettete il pollo e sfumate con il vino bianco. Una volta che l'alcool sarà evaporato aggiungete due bicchieri d'acqua (o brodo di pollo). Mettete il coperchio e cuocete con il fuoco al minimo per un'ora.
  5. Nel frattempo che il vostro stufato cuoce prendete i funghi puliti, la cipolla rimasta e il mezzo spicchio d'aglio e tritateli finemente (un vero chef userebbe il termine brunoise ^_^).
  6. Mettete a scaldare l'olio in una padella capiente fate appassire la cipolla e l'aglio. Una volta cotti aggiungete i funghi e continuate la cottura per una decina di minuti. 
  7. Unite ai funghi la farina e cuocetela per qualche minuto facendo attenzione a non farla bruciare dopodichè versate il latte. Lasciate addensare fino a creare un composto cremoso e mettete da parte.
  8. Terminata la cottura del pollo con le verdure unite il composto di funghi  aggiustate di sale e pepe e cuocete per un altro minuto il tutto in maniera che si amalghimino tutti i sapori.
  9. Servite in delle ciotole di ceramica e spolverate con il prezzemolo tritato.
ITADAKIMASU!!!  e... Buon appetito!!!!

sabato 18 gennaio 2014

Sulla difficoltà nel reperire ingredienti giapponesi - Parte prima

Se siete affascinati dal mondo della cucina etnica in generale sapete perfettamente che molti ingredienti sono di difficile reperibilità mentre altri sono oramai sugli scaffali di tantissimi supermercati. Ci sono poi ingredienti che sono invece impossibili da trovare! Molti di questi fanno parte della cucina giapponese in maniera preponderante. Ci sono infatti tantissime ricette che esigono quella particolare pianta o quel particolare fungo. Come fare allora?
La maggior parte degli alimenti di importazione giapponesi sono naturalmente secchi, inscatolati e sotto forma di salse. Il viaggio per fare arrivare questi prodotti sono solitamente via nave il che significa tempi lunghi (1-2 mesi) senza contare i tempi di sdoganamento e controllo. Non è possibile quindi trasportare prodotti freschi perchè la domanda non è abbastanza alta per coprire i costi.
Allora che fare?
Ci sono dei negozi di alimentare asiatici che sono forniti di prodotti comunemente non reperibili nei classici supermercati (ad. esempio il daikon e il taro). Per tutti gli altri alimenti c'è solo una soluzione: l'autoproduzione!
E sì avete capito bene: bisogna coltivarseli da sè!
Io ho già iniziato. Un mio amico carissimo mi ha portato dal Giappone dei semi di shiso verde (viene chiamato anche basilico giapponese ma in realtà il sapore e differente) che ho piantato da poco e sono già germogliati. Per questa estate dovrei avere delle foglie abbastanza grandi da poter utilizzare.
Mi piacerebbe anche coltivare la mitsuba (una specie appartenente alla stessa famiglia del prezzemolo), la nira (conosciuto da noi come "aglio cinese") e più avanti spingermi oltre cercando di fare crescere nel terrazzo di casa anche una pianta di yuzu (un agrume molto utilizzato nel Sol Levante, ad es. insieme alla salsa di soia è l'ingrediente fondamentale per la vera salsa ponzu) e qualche ceppo di legno micorrizato per far crescere funghi shitake (che freschi secondo me sono meglio dei porcini!) e funghi enokii (anche questi eccezionali e molto scenografici).
Per rendere le cose ancora più difficili naturalmente anche i semi sono difficili da trovare ma per fortuna si trova qualche cosa su ebay e su siti inglesi specializzati.
Se tutto va bene vorrei utilizzare qualche pianta da mandare a fiore così da avere nuovi semi per l'anno prossimo. Se ne verrano parecchi e qualcuno fosse interessato mi scriva pure per email o lasci un commento in questa pagina che sono ben lieto di regalarne un po'.

La cucina giapponese è anche questo!! Coltivate, coltivate,...!!! ^_^

sabato 21 dicembre 2013

Tamagoyaki: la fantastica frittata dolce del Sol Levante ( Ricetta )

Non si può andare in Giappone e non assaggiare almeno una volta il tamagoyaki. Si tratta di una frittata molto alta fatta di uova sbattute (naturalmente ^_^!), dashi (brodo di bonito), salsa di soia e zucchero. Alcuni aggiungono anche sakè e mirin. Tradizionalmente è fatta in una padella apposita dalla forma rettangolare. Il motivo è semplice (e ve lo mostrerò nel video): si creano delle sfoglie di frittata che poi vanno arrotolate su stesse fino al raggiungimento dello spessore desiderato. Azzeccare la cottura giusta significherà aver fatto un bel piatto oppure no. I cuochi danno molto risalto a questo aspetto e cuocere l'uovo in maniera perfetta è davvero un'arte. Di solito è un piatto che viene servito a colazione ma lo si trova spesso anche nei bento. In un classico corso di degustazione sushi il tamagoyaki non manca mai e si può trovare anche da noi anche se nella sua versione nigiri (cioè non la frittata da sola ma una sua fetta sopra il riso tenuta ferma con una strisciolina di algha nori). Io ad esempio quando mangio sushi al giapponese me ne prendo sempre una porzione anche se quella fatta in casa è molto più buona! ^_^

Ingredienti

  • 3 uova
  • 15ml di dashi
  • 5ml di salsa di soia
  • 10gr di zucchero
  • un pizzico di sale

Preparazione

Premessa. Come vi ho già accennato per preparare il tamagoyaki secondo la tradizione c'è bisogno della padella apposita. Quella professionale è in rame ed è provvista di uno strumento di legno che permette di dargli una forma squadrata precisa. Noi naturalmente non abbiamo bisogno di questa perfezione ma per farla bene c'è bisogno comunque di una padellina rettangolare. Non è difficile trovarla su internet e il costo varia dai 5 ai 30 euro (in giappone viene venduta anche negli economicissimi "100 yen shop", tipo i nostri "tutto a un euro").
Naturalmente si può fare anche su una padella rotonda ma sarà più difficile il procedimento. Si potrebbe riuscire anche con una piccola pirofila da forno, non l'ho mai fatto ma ci proverò per voi! ^_^
L'importante, qualsiasi cosa utilizziate, è che sia antiaderente!
  1. Unite tutti gli ingrdienti in una ciotola e sbattete con la frusta facendo in maniera che si amalgami bene tutto il composto. Non ci dovrebbero essere parti bianche in risalto. Se via accorgente che invece ci sono ancora parti evidenti di albume continuate a sbattere.
  2. Mettete in una ciotolina dell'olio di semi di arachide (o girasole) e un foglio di carta da cucina ripiegato in quattro in maniera che il foglio si imbeva di olio.
  3. Prendete la padella e passare sulla superfice il panno carta imbevuto d'olio (se riuscite usate le bacchette)
  4. Mettete la padellina su fuoco medio e quando sarà calda (potete fare una piccola prova facendo cadere delle goccie di uovo sulla padella. Se si cuoce subito la temperatura è quella giusta!) versate la dose giusta di uovo per coprire la superfice della padella ma non di più.
  5. Roteate la padella in maniera che si uniformi il composto e passate le bacchette lungo i bordi interni per fare in maniera che l'uovo non si attacchi.
  6. Appena la frittatina è cotta sotto e si stacca facilmente arrotolatela su se stessa nella padella in maniera che rimanga su un bordo. Attenzione perchè questa è la parte più delicata!
  7. Prendete il panno imbevuto d'olio e ripassatelo sulla padella anche sotto la frittatina.
  8. Versate la stessa dose di uovo sulla padella e cercate di far andare del composto anche sotto la frittatina alzandola e inclinando la padellina verso la frittata. Questo permetterà di unire i vari strati.
  9. Proseguite come al punto 5 e continuate così finchè avete composto da aggiungere. Il tamagoyaki si ingrandirà ad ogni passaggio.
  10. Quando avete finito lasciate raffreddare il tamagoyaki su un piatto. Se volete potete dargli una forma più squadarata avvolgendolo ancora caldo nella pellicola e usando una stuoietta di bambù (quella per fare i maki) e dategli forma con le mani o con qualche altro oggetto (dei libri ad esempio) e lasciatelo raffreddare.
  11. Tagliate il tamagoyaki a fette e gustatelo da solo o con la salsa di soia.


Una variante è questa: create tante frittatine il più fini possibili  (quindi arrivati al punto 6 togliete la frittatina e iniziatene un'altra). Arrotolate le frittatine tutte insieme e tagliatele sottilmente creando delle piccole striscioline di frittata (si chiamano in giapponese kinshi tamago e si usano molto nei bento). Le striscioline potrebbero rompersi ma non preoccupatevi. Se volete non farle rompere basta aggiungere un cucchiaino di amido di riso o maizena. Ponete le striscioline sopra il riso sushi in una ciotola aggiungendo un po' di salsa di soia o salsa okonomiyaki ed erba cipollina. L'abbinamento perfetto sarebbe con le uova di salmone e la polpa di granchio (non il surimi mi raccomando!!!) ma è ottimo anche semplice come vi ho detto.
ITADAKIMASU! ^_^